Nel 2024 e nel 2025, si prevede che i prezzi complessivi delle materie prime diminuiranno leggermente ma rimarranno circa il 38% al di sopra dei livelli pre-pandemia.
La persistenza di prezzi elevati delle materie prime, rispetto ai livelli pre-pandemici, malgrado una crescita contenuta del PIL globale, indica diverse forze in gioco:
- le tensioni geopolitiche stanno spingendo al rialzo i prezzi,
- gli investimenti legati alla transizione verso l’energia pulita stanno rafforzando la domanda di metalli,
- la crescita industriale della Cina e gli investimenti nelle infrastrutture stanno in parte compensando la debolezza del settore immobiliare.
La previsione sull’andamento generale dei prezzi sono tendenzialmente orientati al rialzo.
Il rischio principale deriva da un ampliamento del conflitto in Medio Oriente. Un aumento dei prezzi delle materie prime determinato dal conflitto potrebbe alimentare un’inflazione globale persistentemente elevata, ritardando ulteriormente l’allentamento monetario globale.
I prezzi del petrolio potrebbero dunque rischiare un aumento importante se la domanda globale e i consumi dovessero rimanere elevati. Segnali che inducano a pensare ad un potenziale indebolimento a livello economico, potrebbe controbilanciare il possibile aumento dei prezzi del greggio nell’eventualità di un peggioramento del quadro geopolitico.
Si prevede che l’indice dei prezzi delle materie prime della Banca Mondiale diminuirà marginalmente quest’anno e il prossimo, pur rimanendo notevolmente al di sopra dei livelli pre-pandemici.
Detto questo, ci sono diversi rischi al rialzo in queste proiezioni, in particolare per quanto riguarda gli effetti di un’ulteriore escalation del conflitto sulle forniture energetiche.
MATERIE PRIME
La FAO ha aggiornato le sue previsioni relative alla produzione di cereali a livello mondiale nel 2024, attualmente stimata in 2 854 milioni di tonnellate, che rappresenterebbe un record assoluto.
Il Bollettino FAO sull’offerta e domanda di cereali attribuisce questa nuova proiezione al miglioramento delle prospettive di raccolto di mais in Argentina e in Brasile, oltre che in Turchia e Ucraina, che è destinato a compensare le previsioni negative formulate per Indonesia, Pakistan e alcuni paesi dell’Africa meridionale. Anche la produzione di grano è stata rivista in positivo, grazie alle aspettative più rosee riguardanti il continente asiatico, in particolare il Pakistan, che andrebbero a neutralizzare il calo atteso nella Federazione russa, a causa di condizioni meteorologiche inclementi, che hanno colpito le principali aree di produzione del grano a inizio stagione. La produzione mondiale di riso dovrebbe raggiungere un volume record di 535,1 milioni di tonnellate.
I coltivatori di cacao del Ghana si aspettano, invece, un aumento della produzione nella stagione 2024/2025 a partire da ottobre, dopo che un forte calo dei raccolti in questa stagione ha contribuito a far salire i prezzi globali del cacao a livelli record.
Quest’anno il Ghana ha assistito ad uno dei raccolti più scarsi degli ultimi dieci anni, attribuito alle dure condizioni meteorologiche derivanti da El Nino, al contrabbando dilagante e alla malattia dei germogli gonfiati. Un aumento della produzione aiuterebbe non solo le finanze del Ghana, ma anche l’industria globale del cioccolato, alle prese con una scarsità di offerta.
Quest’anno però, gli agricoltori di diverse regioni di coltivazione del cacao hanno riferito a Reuters che le piogge sono state in gran parte tempestive e intervallate dal sole da marzo, creando il clima ideale necessario per la fioritura del cacao e lo sviluppo dei baccelli per il raccolto della prossima stagione.
Per quanto riguarda il caffè invece, l’offerta non riesce a tenere il passo.
Gli addetti ai lavori del caffè spesso dicono che quando il Brasile starnutisce, il resto del mondo prende il raffreddore, in riferimento al suo status di produttore numero uno di Arabica, la varietà di caffè premium che costituisce oltre il 60% di tutta la produzione di caffè.
Dopo un inizio anno particolarmente difficile date le condizioni meteo non ideali, l’attuale leggero calo dei prezzi del caffè è stato scaturito nel contesto di aggressive prese di profitto a breve termine, ma allo stesso tempo da una previsione sulla produzione per il 2024 in aumento, sia per l’espansione delle aree di coltivazione, che per una normalizzazione delle condizioni meteo.
Dall’altra parte, il Vietnam, produce circa il 40% della Robusta mondiale e la siccità sta colpendo duramente. Il commerciante di caffè Volcafe stima che il paese potrebbe ottenere il raccolto più piccolo degli ultimi 13 anni, con un deficit di 4,6 milioni di sacchi da 60 chilogrammi. Di conseguenza, i contratti della varietà Robusta di settembre hanno quasi raggiunto i 5.000 dollari per tonnellata all’inizio di luglio prima di scendere a circa 4.300 dollari per tonnellata nella speranza di un buon raccolto brasiliano. I prezzi dell’Arabica hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi dieci anni all’inizio di quest’anno.
In aggiunta, l’Etiopia, il più grande produttore africano di caffè Arabica, ha visto negli ultimi anni un aumento significativo delle esportazioni verso la Cina, la quale sta aumentando notevolmente i propri consumi di caffè.
I prezzi potrebbero anche subire nuove pressioni al rialzo come conseguenza delle norme sulla deforestazione recentemente implementate dall’UE, che potrebbero significare che le esportazioni di chicchi di caffè di migliaia di coltivatori verso l’UE potrebbero presto essere rifiutate, poiché sono stati prodotti su terreni recentemente deforestati.
METALLI & TERRE RARE
Le sfide geopolitiche, tra cui l’invasione russa dell’Ucraina, la competizione Cina-USA, le elezioni e la guerra in Israele, hanno un impatto significativo sulla catena di approvvigionamento globale, in particolare sulle materie prime fondamentali per le industrie tradizionali, la difesa, i settori high-tech, l’aerospaziale e l’energia verde.
Le democrazie fanno affidamento su materie prime essenziali e critiche come il nichel, il litio e l’alluminio. Il mercato dei minerali critici è raddoppiato arrivando a superare i 320 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni e si prevede che raddoppierà nuovamente nei prossimi cinque.
In Europa, nonostante le sfide in corso, l’Ucraina ha un immenso potenziale come principale fornitore globale di materie prime essenziali per queste industrie di alto profilo. Con vaste riserve di minerali, l’Ucraina può contribuire in modo significativo alla catena di approvvigionamento globale per molti di essi, se non per tutti.
Nel report riguardante il “Global Critical Minerals Outlook 2024”, redatto dall’International Energy Agency (IEA), stima che rispetto ai consumi del 2020, la domanda globale di litio aumenterà di 42 volte entro il 2050 (come riportato dal grafico), così come la grafite di 25 volte, il cobalto di 21 volte, il Nichel di 19 volte e le terre rare di 7 volte.
La Cina fornisce oltre la metà delle 30 materie prime critiche identificate dalla Commissione europea e quasi il 40% del fabbisogno dell’UE. Anche l’Australia e il Sud Africa svolgono un ruolo importante, in particolare nel litio, cobalto e manganese. Canada e Brasile sono fornitori cruciali di nichel, cobalto e terre rare.
Il dominio della Cina nel settore delle materie prime essenziali le consente di esercitare un’influenza geopolitica nelle decisioni economiche. Negli ultimi 15 anni ha bloccato le esportazioni verso Giappone, Svezia e Stati Uniti. Il crescente protezionismo ha un ulteriore impatto sulle catene di approvvigionamento globali di materie prime critiche, con alcuni paesi, tra cui Zimbabwe e Cile, che limitano le esportazioni di litio e Indonesia e Filippine che inaspriscono il controllo sulle esportazioni di nichel. A causa dell’invasione russa dell’Ucraina, il nichel e il litio, fondamentali per i veicoli elettrici e le energie rinnovabili, hanno registrato aumenti significativi dei prezzi rispettivamente del 36% e 14,97%. Si prevede che i metalli del gruppo del platino, essenziali per i convertitori catalitici e fondamentali nell’economia dell’idrogeno, svolgeranno un ruolo sostanziale nella produzione di idrogeno e nelle celle a combustibile.
L’Africa è destinata a diventare un nuovo importante esportatore di minerali di terre rare verso i trasformatori cinesi e occidentali, con otto progetti che dovrebbero entrare in produzione in tutto il continente entro il 2029. Il principale utilizzo finale delle terre rare sono i magneti permanenti delle terre rare (REPM) per le turbine eoliche e i motori dei veicoli elettrici, una catena di approvvigionamento dominata dalla Cina. La Tanzania diventerà una delle fonti di minerali di terre rare più importati e in più rapida crescita in questo decennio, nonostante oggi non ne produca nulla.
La Repubblica Democratica del Congo, invece, estrae il 70% del cobalto a livello globale. Un
paese ritenuto politicamente instabile a seguito anche delle rivolte protratte dal gruppo ribelle M23.
Giacimenti che ad oggi sono in mano alle compagnie minerarie cinesi.
Il Cile, invece, ha dichiarato che prenderà in considerazione 81 proposte per progetti sul litio, mettendo il Paese sulla buona strada per superare l’obiettivo di quattro nuovi progetti entro la fine del 2026. Ad aprile sono arrivate proposte per più di due dozzine di saline, in linea con gli obiettivi del governo di aumentare la produzione. Attualmente è il secondo produttore al mondo, con la produzione proveniente da sole due società, la cilena SQM e la statunitense Albemarle.
L’uranio viene principalmente estratto in Kazakistan, paese ricco di materie prime, ma ritenuto
in parte instabile per il grado di corruzione e tensioni sociali a seguito della scarsa distribuzione dei benefici derivanti dal settore primario.
Anche in questo contesto la Cina ha rilevato una posizione di rilievo, in cui a China National Uranium Corporation e una controllata di China General Nuclear Power Group hanno acquisito quote delle miniere di uranio, così come in Namibia e Niger. In Niger, in particolare, la Cina ha aumentato la sua influenza a seguito del colpo di stato avvenuto nel 2023 con conseguente ritiro delle truppe e ambasciate francesi. Ciò ha consentito di ottenere diritti su quasi il 60% della produzione futura di uranio.