La crescente scarsità d’acqua sta emergendo come una delle principali minacce geopolitiche ed economiche del XXI secolo, alimentando tensioni in alcune delle regioni più vulnerabili del pianeta. La crisi idrica, accentuata dai cambiamenti climatici, dalla crescita demografica e da cattive pratiche di gestione delle risorse, rischia di trasformare l’acqua in un bene conteso, con conseguenze potenzialmente devastanti su scala globale.
Le maggiori tensioni geopolitiche
In Medio Oriente, Africa e Asia, la competizione per le risorse idriche condivise sta già generando conflitti o acutizzando le tensioni esistenti. Un esempio emblematico è il bacino del Nilo, dove la costruzione della diga Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) ha sollevato il rischio di uno scontro tra Etiopia ed Egitto.
Il progetto è situato a circa 700 Km a nord ovest della capitale Addis Abeda lungo il Nilo Azzurro. Al termine dei lavori l’infrastruttura sarà lunga 1.800 metri e alta 175 metri, con un volume complessivo di 10 milioni di metri cubi. La diga sarà caratterizzata da due centrali elettriche composte da 13 turbine, una potenza complessiva installata di 5.150 MW e una produzione prevista di 15.700 Gwh/anno. Un’opera faraonica.
Seppur la stima dei costi si attesti a circa quattro miliardi di dollari, la diga può avere un effetto moltiplicatore tanto sul lato economico quanto rispetto all’estensione dell’influenza regionale etiope. Intervenire sulle sorgenti occidentali del Nilo – che forniscono al bacino idrico circa l’85% del proprio volume – può, infatti, garantire ad Addis Abeba il controllo della portata del fiume per i paesi a valle.
Il Cairo teme che la diga possa compromettere l’afflusso di acqua verso il paese, minacciando l’agricoltura e la sicurezza alimentare. Nonostante i negoziati in corso, l’accordo sembra lontano e la possibilità di un conflitto armato non può essere esclusa.
Situazioni simili si verificano nella regione tra Iraq, Siria e Turchia, dove i fiumi Tigri ed Eufrate sono fonte di accese dispute. La costruzione di dighe da parte della Turchia ha ridotto il flusso d’acqua verso i paesi a valle, aggravando le già critiche condizioni idriche in Iraq e Siria, regioni già pesantemente segnate da decenni di instabilità politica e conflitti interni.
In Asia, invece, i grandi sistemi fluviali come il Brahmaputra e il Gange, che attraversano confini tra India, Pakistan e Nepal, sono punti caldi di tensione. La costruzione di impianti idroelettrici in Cina ha suscitato preoccupazioni tra i paesi a valle, prefigurando una crescente competizione per le risorse idriche, in particolare in un contesto di cambiamento climatico e aumento della domanda dovuto alla crescita demografica e all’urbanizzazione.
L’impatto nell’industria dei semiconduttori
Oltre agli aspetti geopolitici, le implicazioni economiche riguardanti la scarsità d’acqua sono altrettanto preoccupanti. In particolare, l’industria dei semiconduttori di Taiwan, cruciale per l’economia globale in quanto rappresenta il 60% della produzione globale, è minacciata da periodi di siccità. Taiwan, uno dei maggiori produttori di chip al mondo, dipende fortemente dall’acqua per i suoi complessi processi di produzione. Basti pensare come Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC), il più grande produttore di chip su contratto al mondo consuma fino a 99.000 tonnellate di acqua al giorno. E questo senza contare l’acqua utilizzata dalle altre strutture sparse per Taiwan.
Le aziende produttrici di semiconduttori utilizzano l’acqua principalmente per il raffreddamento e pulizia dei residui dai wafer di silicio (il wafer è una lastra di silicio che viene utilizzata come base nella realizzazione di circuiti integrati). In particolare modo, la pulizia dei semiconduttori richiede l’utilizzo di acqua “ultra pura” che è migliaia di volte più “pulita” rispetto a quella potabile in quanto è priva di qualsiasi minerale e altre caratteristiche che potrebbero danneggiare i chip.
Sebbene Taiwan riceva sufficienti precipitazioni d’acqua per supportare la domanda attuale, l’irregolarità e la morfologia del territorio rendono difficile la raccolta e stoccaggio della risorsa.
Dal 2015 al 2019, il consumo totale di acqua di TSMC è aumentato di un sorprendente 70%. Entro il 2036, si prevede che il consumo complessivo di acqua di Taiwan sarà superiore del 7,3% rispetto al 2021, creando un deficit di fornitura giornaliera di 680.000 metri cubi. Anche durante la stagione dei tifoni, Taiwan avrà difficoltà a rifornire la sua industria di chip con la sua risorsa naturale più preziosa. E durante i periodi di siccità, la carenza sarà ancora più intensa.
Per rendere le cose ancora più allarmanti, il cambiamento climatico minaccia di portare siccità più lunghe e frequenti. I bacini idrici di Taiwan dipendono fortemente dai tifoni estivi per ricostituire i livelli idrici esauriti. Con meno tifoni in transito e periodi più lunghi senza piogge consistenti, i bacini in tutta l’isola saranno sottoposti a una pressione crescente.
Con queste premesse, la scarsità d’acqua potrebbe dunque influire pesantemente non solo sull’economia locale, ma anche sull’intero settore tecnologico mondiale, creando nuove vulnerabilità per l’industria globale.
Di fronte a questo quadro allarmante, diversi esperti sostengono che sia necessaria una migliore gestione delle risorse idriche per evitare crisi future. Alcuni suggeriscono l’adozione di tecnologie di risparmio idrico, come il trattamento delle acque reflue e la desalinizzazione, insieme a politiche di cooperazione internazionale volte a risolvere pacificamente le dispute sui bacini idrici transfrontalieri.
In conclusione, la crisi idrica non è più solo una questione ambientale, ma un problema che sta ridefinendo le dinamiche geopolitiche ed economiche globali. Se non gestita in modo adeguato, potrebbe generare nuovi conflitti e aggravare le disuguaglianze, influenzando la stabilità di interi paesi e settori economici.